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domenica 23 dicembre 2012

Natale in cucina... Pandolce genovese alto

Buon pomeriggio bellezze!
Ormai il Natale è alle porte, anzi sta già bussando! Avete finito di fare i regali? Io ho comprato l'ultimo venerdì e, per i miei standard, ho finito tardissimo.
Comunque non vedo l'ora che sia il 25 per passare la giornata con tutte le persone che amo, e, soprattutto, per spupazzarmi le mie cuginette :) Voi cosa farete di bello?

In attesa dei festeggiamenti mi sono messa ai fornelli, avete voglia di lasciare da parte per qualche minuto pennelli, ombretti e rossetti e seguirmi in cucina?
Come ogni anno, per il pranzo di Natale, io mi occuperò degli antipasti, ma mi sono dedicata anche a qualche altro progetto culinario, primo fra tutti il mio primo Pandolce.
Il Pandolce è un dolce tipico genovese, si può trovare sia nella versione bassa, sia in quella alta e contiene uvetta, pinoli e canditi.

U Pandùçe (il Pandolce in genovese) un tempo era preparato in casa dalle donne, la mia bisnonna ne preparava moltissimi che distribuiva a parenti e conoscenti. Per la lievitazione il Pandolce ha bisogno di caldo costante e così alcune scignùe (signore) fino al secolo scorso se lo portavano a letto, ponendolo in fondo, sotto le coperte, accanto al “prete” che racchiudeva lo scaldino. Poi lo si cuoceva nel runfò (cucina a legna), o si portava dal fornaio di fiducia.

Il panettone genovese con i suoi tipici 3 taglietti a formare una specie di corona triangolare, aveva un rituale con cui veniva presentato: era il più piccolo della famiglia a portarlo in tavola, decorato con un rametto di ulivo, simbolo di pace e serenità. Come voleva la tradizione, era il capofamiglia che a Natale, terminato il pranzo, tagliava solennemente il pandolce; la prima fetta era destinata alla Mamma “per l’assaggio”.
Mentre tagliava recitava questo augurio: “ Vitta lunga con sto’ pan, prego a tutti sanitæ, comme ancheu, comme duman, affettalu chi assettae, da mangialu in santa paxe, co-i figgeu grandi e piccin, co-i parenti e co-i vexin, tutti i anni che vegnià, cumme spero Dio vurrià. (Vita lunga con questo pane! Prego per tutti tanta salute, come oggi, così domani affettarlo qui seduti, per mangiarlo in santa pace coi bambini, grandi e piccoli, coi parenti e coi vicini, tutti gli anni che verranno, come spero Dio vorrà”).
La prima fetta, avvolta in un tovagliolo, veniva conservata per il primo povero che avesse bussato alla porta, un’altra veniva riposta e mangiata il 3 febbraio in occasione della festa di S. Biagio, protettore della gola.

Essendo un dolce tipico che adoro, ho deciso di provare a realizzarlo, nella versione alta, con le mie mani e così mi sono messa all'opera, con la macchina fotografica a portata di mano per rendervi partecipi della mia "opera".

La ricetta me l'ha data un'amica ed è questa:

Ingredienti:
-        1kg farina (alla fine io ne ho utilizzato quasi 500g di più)
-        50g lievito di birra
-        250g burro
-        300g zucchero
-        20g di essenza di fiori d'arancio
-        1 bicchiere marsala secco (io ne ho messo solo una tazzina)
-        600g uvetta
-        300g pinoli
-        50g mandorle dolci sbucciate
-        50g nocciole sbucciate
-        400g cedro e buccia d’arancia
-        10g finocchietti
     -         20g sale fino

Dato che non sono un'amante dei canditi, nell'impasto io ho messo solamente l'uvetta e i pinoli (solo 100g).


Veniamo alla preparazione:
per prima cosa è necessario preparare una specie di pasta madre con metà della farina, il lievito di birra e un pò d'acqua tiepida (circa 1 bicchiere 1/2 ma dovete andare a occhio) per scioglierlo.
Io ho messo tutto nella mia planetaria e ho fatto lavorare per pochi minuti.


La pasta ottenuta va fatta lievitare, io l'ho lasciata due ore in un luogo caldo, coperta con uno strofinaccio.


Dopo due ore ho aggiunto la farina rimanente e il burro, a temperatura ambiente, a pezzetti.


L'impasto ottenuto va fatto riposare per un oretta.


Trascorso il tempo necessario, vanno aggiunti tutti gli altri ingredienti. Si deve lavorare l'impasto finchè l'uvetta e la frutta secca sono completamente amalgamate, tenete della farina a portata di mano e, se necessario, aggiungetela. La pasta deve essere morbida ma compatta, proprio come un vero e proprio pane.


Dividete poi il tutto in vari pandolci, io ne ho fatti 3, e metteteli nelle teglie, rivestite di carta forno. L'ultima lievitazione deve essere di 6 ore, quindi riponeteli e cercatevi qualcosa da fare per passare il tempo :)



Eccoli pronti per il forno! Durante la lievitazione, per non farli allargare, li ho contornati con della carta forno. Una volta lievitati ho praticato la classica incisione a triangolo. 
Devono cuocere a 180/200 gradi per 50/60 minuti. Dopo circa 20 minuti di cottura ho tolto la carta forno intorno e ne ho messo un altro foglio sopra per evitare che la superficie si brunisse troppo.



Una volta cotti, vanno fatti riposare per almeno 24 ore in modo che si compattino e diventino ancora più buoni.



Per essere la prima volta che li facevo devo dire che non sono affatto male, ne ho portato uno ad una cena tra amiche e hanno gradito molto. Chiaramente quello che comprate in pasticceria è più buono, ma volete mettere la soddisfazione di averlo fatto voi?!?

Vi metto anche una foto dei canestrelli che ho preparato, ho lasciato da parte la classica forma per realizzare degli omini natalizi.




Un bacio mie care

                            Nadia















8 commenti:

  1. nemmeno io sono amante dei canditi sai? belli i biscottini fatti ad "omino" ti son venuti molto bene:)..hai ragione..quando si crea in cucina la soddisfazione è il doppio che gustare dolcetti comprati:) ogni tanto mi diletto anche io..

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    1. io adoro cucinare e soprattutto dividere il frutto del mio lavoro con gli altri :D

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  2. grazie! si certo sono già iscritta al tuo blog :)

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  3. Ciao piacere di conoscerti! ;) che belli questi panettoni!! complimenti!! ti seguo!
    http://yogurtshades.blogspot.com/

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  4. oddio che dolce sfizioso! e non è detto che sia più buono quello da pasticceria *_*

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